ARCHITETTURA: "esisto in quanto comunico"
Partendo dall'assioma che ormai
dalla metà degli anni '50 siamo protagonisti di una trasformazione che ha come
oggetto il modo di produrre, l' epoca storica in cui l' informazione, da concetto astratto che era,
si è trasformato in bene "materiale" e di consumo, qual è il processo produttivo dell' oggetto architettonico? L' edificio oggi "esiste in quanto comunica", non in quanto "rappresenta" nè in quanto "funziona". Ma se
l'architettura esiste in quanto informa, è essa simbolo? E se è simbolo, in che
modo lo diventa?
Se pensiamo al simbolo come
"convenzione", diventa necessario indagare quali siano le vie tramite cui l' oggetto in questione è riconosciuto come tale. C' è differenza
nel pensare a San Pietro come simbolo del mondo cristiano o al Centro Pompidour
come simbolo di una moderna Parigi? Non è forse spontaneo pensando a Parigi
associarvi le immagini ugualmente di Notre Dame, della Tour Eiffel o del
Beaubourg? Eppure appartengono ad epoche (a "fasi" direbbe Toffler)
differenti, ma in ognuna di queste, erano simbolo. Ciò che è cambia è come si
giunge al riconoscimento dell' oggetto come icona.
Oggi il processo è informatico:
un dato oggettivo viene immesso in una rete di comunicazione globale; nelle
fasi precedenti era frutto piuttosto di una trasmissione orale, scritta o
illustrata che prevedeva obbligatoriamente come filtro l' esperienza soggettiva
di chi tramandava l' informazione.
Se in passato la forza
comunicativa dell' oggetto dipendeva dalla potenza economica, religiosa o
politica del soggetto che era dietro di esso, oggi questa dipende per la
maggior parte dalla potenza del mezzo tramite cui viene data notizia/informazione
al mondo della sua esistenza, l' edificio, nella fattispecie, diventa icona nella misura in cui l' informazione lo carica
di quel significato.
Ovvio, poi, che esistono mezzi
espressivi differenti, mettiamo a confronto 2 musei, il Guggenheim di Bilbao e
il Jewish Museum di Libeskind. Il primo ha forza comunicativa oggettiva, che il luccicante "spiraleggiare" sopra il fiume piaccia o no, che se ne abbia o meno esperienza diretta, esso è icona della piccola capitale basca rivendicatrice di prestigio. Il secondo è
diventato icona del dramma dell' olocausto invece, non tanto per la sua forza
espressiva formale, in esso non si ha rappresentazione od ostentazione del
dramma, al visitatore è chiesto piuttosto di partecipare al dramma del popolo
attraverso il labirintico percorrere del museo, che porta a vicoli ciechi o ad
episodi puntuali di forte carica emotiva.
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